i fasciolegaforzitalioti sono refrattari alle regole democratiche sin dal 1994

Da tanti anni, in occasione del mese durante il quale si svolgono le campagne elettorali scatta un provvedimento che assicura – almeno in teoria – la presenza con tempistiche paritarie dei candidati dei vari schieramenti: la così detta par condicio.

Secondo questa norma, gli spazi concessi alle varie formazioni dovrebbero essere uguali per tutte: a controllare, ed eventualmente sanzionarne la violazione, è deputata l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom).

Il problema è che la “punizione” arriva, sempre che davvero venga rilevato un palese accantonamento delle regole basilari del gioco, immancabilmente ad urne chiuse e scrutini terminati: come a dire che l’efficacia di essa rasenta lo zero.

Nonostante questo ancora esiste chi, preventivamente, lamenta che la propria parte politica potrebbe subire nocumento dall’essere trattata in modo paritario rispetto alle altre: ça va sans dire che il primo a porre il problema è la destra radicale e fascista.

In particolare è Daniele Capezzone, direttore editoriale di Libero Quotidiano, a segnalare che «senza girare intorno al problema, dentro l’Agcom è partita, in vista delle Europee, quella che potremmo chiamare l’operazione “ingabbia-Meloni”».

La norma, ovviamente, vale per tutti, sia per la maggioranza sia per tutte le minoranze: gradiremmo sapere perché questa volta non dovrebbe essere utilizzata: forse perché riguarda quella parte politica che, sin dal 1994, pretende di fare sempre e comunque come preferisce infischiandosene delle regole?

Per chi se ne fosse dimenticato, in quell’anno il Delinquente di Arcore vinse le elezioni bombardando ossessivamente di messaggi elettorali gli spettatori dei programmi radiotelevisivi, utilizzando persino le personalità che conducevano i programmi obbligandoli ad indossare spillette con il logo di Forza Italia.

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