vogliamo dare un consiglio a lucio meo: parli di cose che conosce, eviterà figuracce galattiche

L’edizione di giovedì due maggio del quotidiano telematico fascista Secolo d’Italia contiene un articolo, firmato da tale Lucio Meo, nel quale si racconta – naturalmente a modo proprio – due grandi manifestazioni svoltesi a Taranto ed a Milano in occasione della Festa dei Lavoratori..

La stragrande maggioranza dello scritto è dedicata a quanto successo nel capoluogo pugliese, dove la pérformance di David Riondino viene ignominiosamente ridotta ad «un comizione contro Vannacci, la destra, Fratelli d’Italia e chiunque non fosse delle sue stesse idee politiche».

Se le cose si limitassero a quello si tratterebbe del solito episodio di dileggio dell’avversario politico; il problema è che il pennivendolo si scaglia contro la lettera inviata da Ilaria Salis, e letta dal di lei padre, asserendo: «la campagna elettorale, sulla pelle dei lavoratori che almeno il Primo Maggio meriterebbero di essere difesi, è ufficialmente iniziata».

Si potrebbe facilmente rispondere all’imbrattacarte che i veri campioni nell’arte del fabbricare promesse farlocche sulla pelle dei lavoratori sono proprio i suoi amichetti la cui direzione nazionale si trova nello stesso stabile dove ha sede il fogliaccio organo della Fondazione Alleanza Nazionale.

Preferiamo sorvolare sulla questione per concentrarci sull’ultimo paragrafo del pezzo, quello dedicato al corteo di Milano; in questo caso lo scribacchino prende a pretesto la presenza d ben cinque personaggi pittoreschi – che si possono ammirare qui sotto – per canzonare tutti i presenti.

«A Milano, invece, solo bandiere e striscioni legati al lavoro ma anche nostalgie canaglie: nel corso del corteo che, a Milano, è partito da Corso Venezia ed è arrivato in Piazza della Scala alcuni manifestanti hanno sfilato con i vessilli rossi indossando gli abiti da bolscevichi».

Stupisce che questo assai poco “signore” non conosca l’esistenza del fogliaccio “il Bolscevico”, non fosse altro per il fatto che il Partito Marxista Leninista Italiano, di cui il giornale in questione costituisce l’organo ufficiale, esiste fin dal 1977, quando raccolse l’eredità dell’Organizzazione Comunista Bolscevica Italiana/m-l fondata nel 1969.

Pazienza se poi il Meo esplicita tutta la sua profondissima ignoranza quando dimostra di non sapere che ai militonti del gruppo guidato da Giuseppe Scuderi è imposto – in caso di presenza a qualunque tipo di manifestazione – di indossare una pettorina nella quale facciano bella mostra alcune copie del giornale.

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formazione operaia. “non abbiate paura, signori!”. lenin, “che fare?” (da proletari comunisti)

Una volta chiarito da parte di Lenin che i compagni che servono per l’organizzazione dei rivoluzionari devono essere differenti da un attivista sindacale e anche da un dirigente di un organismo sindacale, sia pure di classe, nel senso buono in cui lo intendiamo noi, resta il problema principale di come conquistare gli operai all’organizzazione rivoluzionaria, questione strategica e tattica fondamentale sia agli inizi della costruzione dell’organizzazione che nel suo consolidarsi e svilupparsi.

I compagni che dirigono o aspirano a dirigere l’organizzazione rivoluzionaria nella maggior parte dei casi e per ragioni già spiegate, o largamente intuibili, non sono operai, anche se operai nell’organizzazione rivoluzionaria ci sono e tendono costantemente ad avvicinarsi, non in grande quantità, e spesso si tratta di singoli operai d’avanguardia.

Qui Lenin è chiaro sul compito da svolgere: “Il nostro primo e più urgente dovere è quello di contribuire alla formazione di rivoluzionari operai che, per quello che riguarda l’attività di partito, stiano allo stesso livello dei rivoluzionari intellettuali (sottolineiamo le parole, per quel che riguarda l’attività di partito, perchè negli altri riguardi per gli operai non è così facile, nè così urgente, benchè sua necessario raggiungere un tale livello) – quanto è importante questa parentesi, diciamo noi – Perciò si deve rivolgere l’attenzione principale al lavoro per innalzare gli operai ai rivoluzionari e non dobbiamo affatto abbassarci noi a livello della “massa operaia”, come vogliono gli economisti, a livello degli “operai medi””

Nella maggior parte dei casi anche nell’organizzazione rivoluzionaria, anche in quei compagni pronti a criticare l’economismo, a non voler essere economisti, il comportamento e l’azione è esattamente il contrario di quella indicata da Lenin. E facendo il contrario si diventa sempre più “sindacalisti” e sempre meno comunisti. Con il danno la beffa di operai, anche d’avanguardia, che col tempo invece di andare avanti vanno indietro. 

Non esistono operai rivoluzionari che non militino in un’organizzazione rivoluzionaria-partito. E’ questa la scelta a cui lavorano i dirigenti, quadri, attivisti di un partito rivoluzionario. 

Non abbiamo coscienza che il nostro dovere è aiutare ogni operaio che si segnali per le sue capacità a trasformarsi in agitatore, organizzatore, propagandista, diffusore, ecc. di professione“.

Se non facciamo questo – diciamo noi – Lenin afferma: “dilapidiamo in modo veramente vergognoso le nostre forze“.

Spingiamo troppo poco gli operai su questa via… troppo spesso li tiriamo indietro coi nostri sciocchi discorsi su ciò che è “accessibile” alla massa operaia, agli “operai medi”, ecc. E questo costituisce una colpa che ricade direttamente su noi...”

Il culto della spontaneità provoca una specie di paura di allontanarsi sia pure di un passo da ciò che è “accessibile” alla massa, la paura di innalzarsi troppo al di sopra del semplice soddisfacimento dei bisogni più prossimi e immediati della massa. Non abbiate paura, signori!“. 

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torino ‘resistente’ si prende il 1° maggio. info (da proletari comunisti)

Il passaggio dello spezzone sociale e, la sua entrata in piazza San Carlo, è stato accompagnato dall’approvazione e dal consenso nei confronti dei giovani che trovano il coraggio e la forza di mobilitarsi in questo panorama grigio.

Contro la vostra “pace” e il vostro “lavoro” la lotta è solo all’inizio

Primo maggio a Torino: con la resistenza palestinese, contro il governo della crisi sociale.

Sotto una pioggia battente questa mattina in piazza Vittorio a Torino viene espressa la parte viva e attiva di questa città. Dopo dieci giornate di mobilitazione contro il summit del G7 Ambiente e Energia un’altra giornata partecipata, eterogenea e determinata ha attraversato le strade di questa città. La nostra città è stata trattata dalle forze dell’ordine come un territorio straniero da occupare in forze. Elicotteri, blindati, idranti, forze speciali hanno bivaccato per giorni nelle vie di Torino a dimostrare l’inimicizia delle élites mondiali per la gente comune. Il potere ha fatto la sua dimostrazione muscolare, ma dal basso la mobilitazione ha saputo mettere in difficoltà la controparte: dalla valle fino alla città la nostra terra non si piega. I giornali hanno tentato di oscurare l’eterogeneità delle iniziative, ma la realtà oltrepassa questi pennivendoli proni al potere.

Questa mattina il corteo del primo maggio, e in particolare lo spezzone sociale, ha visto la partecipazione di oltre duemila persone, tantissimi giovani e giovanissimi hanno animato le prime file dello spezzone, tantissime persone di diversa appartenenza, chi si attiva sulle tematiche ambientali ed ecologiste, chi lotta dal basso per la salvaguardia dei propri quartieri, chi da decenni difende la propria terra in Val Susa, chi con grande lucidità sa da che parte stare, quella della resistenza del popolo palestinese. In questi giorni le notizie dei tg parlano di una possibile invasione via terra a Rafah, il che significherebbe la volontà del governo illegittimo di Israele di portare a termine il genocidio. Le università di tutto il mondo si stanno mobilitando con occupazioni di giorni per fermare il genocidio e per delegittimare l’intenzione degli Stati occidentali di essere complici del governo di Netanyahu, venendo duramente represse tramite sgomberi e violenze della polizia. I giovani di tutto il mondo stanno esprimendo la propria rabbia di fronte a un sistema capitalista, colonialista, razzista, bellicista contro i popoli oppressi e i corpi delle donne, di chi abita i territori sacrificati alla sete di profitto, di chi lotta per la propria sopravvivenza all’interno dei posti di lavoro, per chi ha un posto di lavoro.

I giornali torinesi parlano di un primo maggio all’insegna della “pace e del lavoro” ma di quale pace e di quale lavoro abbiamo bisogno? Stiamo assistendo a una strage organizzata in tutti gli ambiti lavorativi, di fronte a una totale noncuranza delle condizioni di vita e di accesso ai servizi essenziali per la propria esistenza. Le poche risorse che ci sono vengono dirottate per comprare armi e munizioni da inviare negli scenari di guerra che i nostri governi hanno deciso di alimentare calpestando la volontà della popolazione. E’ di ieri l’ultima notizia di quella che ancora provano a definire come “morte bianca”, un operaio è morto schiacciato da una trave in un cantiere, pochi giorni fa 7 operai sono rimasti uccisi dallo scoppio di una centrare ENEL e la lista sarebbe ancora lunga. Gli oltre 1000 operai e operaie uccisi ogni anno dal lavoro in Italia ci parlano di inquadramenti contrattuali scorretti, di mancanza di sicurezza e investimenti in questo senso, di appalti su appalti e di responsabilità sempre demandate ad altri. I sindacati invocano ad una “maggiore formazione dei lavoratori sulla sicurezza” oppure di inasprire le condanne penali; si tace sulla necessità impellente di un cambio di paradigma complessivo sulla direzione degli investimenti e delle politiche che sarebbe urgente reindirizzare verso il sostegno alla crisi sociale piuttosto che per foraggiare la guerra.

Queste istanze sono state ribadite durante tutte le giornate di mobilitazione contro il G7 a Torino scontrandosi con la ferma e precisa volontà di silenziarle, di non ascoltarle, di fare finta che non stesse succedendo niente. La gestione dell’ordine pubblico e della politica ha imposto un contesto paragonabile a tutti quei governi davanti ai quali i “nostri” capi di Stato e Ministri si indignerebbero per mancanza di democrazia. Di quale democrazia stiamo parlando? La verità è che nel corteo di questa mattina a Torino centinaia di persone hanno rimpolpato le fila degli spezzoni sindacali perché c’è bisogno di manifestare un’opposizione alla direzione delle cose, ma che da quella proposta non vedranno alcuna soddisfazione. Il passaggio dello spezzone sociale e, la sua entrata in piazza San Carlo, è stato accompagnato dall’approvazione e dal consenso nei confronti dei giovani che trovano il coraggio e la forza di mobilitarsi in questo panorama grigio.

È un inizio per una china ascendente di quei pezzi di società che sanno che è oggi è necessario contrapporsi, metterci la faccia, nonostante la difficoltà e il timore di non riuscire a contare. Nelle contraddizioni del presente è urgente collocarsi in una parte ben precisa, quella dei popoli oppressi che alzano la testa davanti all’egemonia occidentale in crisi. Sta a noi approfondire questa crisi, disarticolare il potere, colpirlo nei suoi centri nevralgici, per un futuro migliore, di lotta, nella lotta.

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fermare frontex e le politiche migratorie inumane del governo vivaldi (da partito del lavoro del belgio)

La politique d’asile et de migration du gouvernement fédéral serait basée sur les «droits humains» et un «accueil de qualité» pour les personnes en exil. C’est du moins ce que dit l’accord de majorité conclu en 2020. Quatre ans plus tard, le bilan est dramatique. 

Vendredi 3 mai 2024

Lors de la toute dernière session de la législature, le gouvernement a lancé une dernière attaque contre les droits humains fondamentaux. Il autorise, avec le soutien du Vlaams Belang, le corps anti-migrants Frontex à opérer sur le sol belge, et introduit une loi de rapatriement coûteuse, inefficace et inhumaine qui conduira principalement à une augmentation de la détention. Les deux projets de loi ont été approuvés par le Parlement fédéral jeudi soir. Le PTB s’y est opposé.

S’attaquer aux causes de l’exil: un sujet encore tabou

Dans le monde, la guerre reste la principale cause d’exil des populations. En Belgique aussi, la plupart des demandeurs d’asile sont des réfugiés de guerre: les trois principaux pays d’origine sont la Syrie, l’Afghanistan et la Palestine. Les guerres dans ces pays ont été au moins partiellement causées ou exacerbées par les actions de la Belgique et de l’Union européenne. Si nous voulons réduire le nombre de réfugiés, nous ne pouvons pas éviter ce débat. Par exemple, pendant combien de temps le gouvernement autorisera-t-il encore les livraisons d’armes en provenance et à destination d’Israël?

Au lieu de s’attaquer aux causes de l’immigration, le gouvernement fédéral s’est encore et toujours attaqué aux droits humains. 

Pour la première fois dans l’histoire, un gouvernement a délibérément choisi de laisser les personnes en exil dormir dans la rue. Depuis septembre 2021, des personnes dorment chaque jour dans la rue parce qu’elles ne trouvent pas de place dans le réseau des centres d’hébergement. Pendant les mois d’hiver, les familles avec enfants n’ont pas toujours la possibilité d’avoir un lit.

L’État belge a été condamné 9 000 fois pour ne pas avoir accordé aux réfugiés l’accueil auquel ils ont droit. Non seulement par nos propres tribunaux du travail belges, mais aussi par le Conseil d’État et la Cour européenne des droits de l’Homme. Le gouvernement fédéral a ignoré ces condamnations. L’État de droit semble ne plus avoir d’importance dans la politique d’asile et de migration. 

Au niveau européen, c’est la voie du «pacte migratoire européen» qui l’emporte, ce pacte qui, à son tour, fera systématiquement enfermer les personnes aux frontières extérieures, y compris les enfants.

Une «loi retour» coûteuse, inefficace et inhumaine

En ce qui concerne la politique de retour, la Vivaldi montre qu’elle ne se préoccupe plus des droits humains. Ce jeudi 2 mai, par exemple, le parlement fédéral a approuvé à la dernière minute une loi sur la «politique proactive de retour» coûteuse, inefficace et inhumaine qui garantira principalement une plus grande détention des personnes en fuite. Le PTB a voté contre. 

Médecins du Monde, Médecins Sans Frontières, le Collège de Médecine Générale de Belgique francophone, Medimmigrant, Vluchtelingenwerk Vlaanderen, le CIRÉ, Caritas International, JRS Belgium, de nombreux experts en migration… à peu près toutes les organisations qui œuvrent au quotidien pour les droits des migrants et des réfugiés, soutenues par les syndicats FGTB, CSC et CGSLB, tirent la sonnette d’alarme sur cette loi depuis des mois. Pour eux, il s’agit d’une atteinte flagrante aux droits fondamentaux des personnes en exil. 

Pour rappel, la Secrétaire d’État à l’Asile et à la Migration Nicole de Moor (CD&V) avait sorti la loi retour du tiroir au lendemain de l’attentat terroriste de Bruxelles du 16 octobre 2023. Plusieurs partis du gouvernement avaient affirmé que l’attaque était le résultat d’une «politique de retour ratée». Le fait que la Tunisie demandait depuis longtemps l’extradition de l’auteur de l’attentat, et que la faute en incombait donc à un système judiciaire défaillant, n’avait eu aucune importance : la «loi retour» devait venir et viendrait. 

  • Plus de détention

Le gouvernement prolonge la période de détention: il veut pouvoir enfermer des personnes jusqu’à 18 mois dans un centre fermé. Le retour forcé via la détention est coûteux (il coûte à notre pays quelque 70 millions d’euros par an), inefficace (il ne réduit pas le nombre de demandeurs d’asile, mais leurs droits) et inhumain. Nous ne devons pas oublier qu’il s’agit de personnes qui n’ont pas de casier judiciaire, mais qui fuient la guerre et la violence.

Prenons l’exemple d’Hélène, originaire du Rwanda. Aujourd’hui, elle travaille comme aide à domicile à Hasselt, mais a été enfermée pendant 6 mois au centre fermé 127bis. À propos de son expérience, elle déclare: «Laissez les gens comme moi simplement travailler. À quoi a servi mon incarcération? Pendant six mois, je n’ai rien fait. Je n’ai fait que coûter de l’argent à l’État».

  • Examen médical obligatoire

Le gouvernement veut obliger les gens à se soumettre à un examen médical. Et non, il nʼest pas question ici de test Covid. Ce qui importe, c’est le précédent que crée cette loi: chez le médecin, menottes aux mains et aux pieds, y compris pour les femmes enceintes ou les personnes qui ont déjà été victimes de torture. Selon le Comité européen pour la prévention de la torture et des peines ou traitements inhumains ou dégradants, ces pratiques peuvent constituer des mauvais traitements. Médecins du Monde est également catégorique: «Un examen médical obligatoire va à l’encontre des intérêts du patient et viole tous les principes éthiques et la déontologie médicale. (…) Il est évident que ce principe ne peut être remis en question». Pour la Vivaldi, ces droits ne s’appliquent apparemment pas à tout le monde. 

  • Soupçon de fuite

Toute personne qui ne coopère pas à un retour est soupçonnée de «fuite» en vertu de cette loi. Et la «non-coopération» est définie de manière très vague, mais elle conduit irrévocablement à la détention. Cela ouvre la porte à la détention arbitraire et prolongée des personnes en exil. Les situations individuelles ne sont pas suffisamment prises en compte. Supposons que vous ayez fui l’Afghanistan, un pays bombardé depuis 20 ans et où les talibans ont repris le pouvoir. Pourtant, votre demande d’asile est refusée et on vous demande d’entamer une procédure de retour. Allez-vous coopérer? Peut-on s’attendre à ce qu’une personne coopère à son retour, sachant pertinemment qu’elle retourne vivre sous le régime des talibans? Avec le PTB, nous ne pensons pas que ce soit le cas. Et certainement pas si la non-coopération signifie un ticket pour la détention. 

  • Interdiction de la détention des enfants

Ecolo défend la «loi retour», censée être un compromis pour inclure une interdiction légale de la détention d’enfants. C’est une chose que nous soutenons pleinement avec le PTB et pour laquelle nous avons également notre propre proposition de loi. Mais cette interdiction de la détention des enfants ne peut être échangée contre d’autres droits fondamentaux, tels que le droit de refuser un traitement médical, conformément à la loi sur les droits des patients et à la Convention européenne des droits de l’Homme. 

Le contingent anti-migrants de Frontex sur le sol belge 

Un second projet de loi du gouvernement Vivaldi autorise l’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes Frontex à opérer sur le sol belge. Les agents de Frontex sont habilités à porter des armes dans notre pays et à faire usage de la force pour le contrôle et la surveillance des frontières, ainsi que pour les retours forcés. Seul le PTB a voté contre.

C’est un nouveau pas vers encore plus de répression dans la politique d’asile et de migration de la Belgique. Frontex n’est pas une organisation comme les autres. L’année dernière encore, il est apparu qu’elle couvrait et coorganisait les nombreux refoulements à nos frontières extérieures. Une enquête a également été lancée en juin dernier sur le rôle de Frontex dans le naufrage d’un navire au large des côtes grecques avec 750 migrants à bord, dont seulement 104 ont pu être secourus.

Le précédent directeur de Frontex, Fabrice Leggeri, a dû démissionner en raison des critiques persistantes concernant la politique de refoulement. Ce même Fabrice Leggeri figure désormais sur la liste du Rassemblement national, le parti d’extrême droite de Marine Le Pen, pour les élections européennes.

Frontex est une organisation qui tolère la violence et la déshumanisation et qui coopère activement avec la police des frontières bulgare où les migrants et les réfugiés sont enfermés dans des cages. «Compte tenu des antécédents problématiques de Frontex en matière de violence policière et de refoulement illégal, il est essentiel que ce projet de loi soit réexaminé en profondeur», affirme Tine Claus, directrice de Vluchtelingenwerk Vlaanderen.

Pour le PTB, c’est clair: de telles pratiques sont inadmissibles. Frontex n’a pas sa place dans la politique d’asile et de migration belge. 

S’attaquer aux causes de l’exil, pas aux réfugiés

Les partis au pouvoir, Ecolo et PS en tête, disent ne jurer que par les droits humains. Mais l’écart entre les paroles et les actes ne pourrait être plus grand, surtout lorsqu’il s’agit des personnes en exil. 

Comme l’affirmaient hier Amnesty International et de nombreuses autres organisations, dont la Ligue des droits de l’Homme et les syndicats, le gouvernement Vivaldi «a été un des pires que nous ayons connu sur les questions migratoires, de respect des droits humains et de l’État de droit. Politique assumée de non accueil des demandeurs d’asile, refus d’exécuter des décisions de justice belges et européennes mépris de la situation des sans papiers, détention et refoulements de personnes en ordre de visa… Un vote en faveur de cette loi serait la touche finale à une législature qui se sera honteusement distinguée et que nous n’oublierons pas». 

Tant que les guerres, les bouleversements économiques et les catastrophes climatiques se multiplieront, les gens seront contraints de fuir leur pays. Nous devons nous attaquer à ces causes. Au lieu de cela, le gouvernement fédéral s’est encore et encore attaqué aux droits humains. 

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regno unito, la polizia preleva i migranti destinati in ruanda dalle loro case. video diffuso proprio il 1° maggio (da proletari comunisti)

Presi, anche ammanettati come se fossero criminali, messi in camion-gabbie, per poi essere spediti in Ruanda. Una pratica “schiavista” che anche altri Stati vogliono seguire.

Il ministero degli Interni britannico ha pubblicato un video che mostra il personale delle forze di polizia che si occupano dell’immigrazione che preleva i migranti dai loro luoghi di residenza nel Regno Unito prima della loro deportazione in Ruanda. Il parlamento britannico ha approvato una legislazione che costringe i migranti che non superano la procedura di asilo a lasciare il Paese ed essere trasportati forzatamente in Ruanda. Il ministero degli Interni afferma che i voli dovrebbero iniziare “nelle prossime nove-undici settimane”. La politica ha lo scopo di dissuadere i migranti dall’attraversare la Manica per raggiungere la Gran Bretagna dalla costa francese su piccole imbarcazioni.

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cronache dalle proteste nelle università usa. sgombero alla columbia (da proletari comunisti)

Usa, violento sgombero alla Columbia University. Arresti e feriti tra gli studenti solidali con Gaza

By Redazione (quotidiano online indipendente)

2 Maggio 2024

Columbia University, irruzione della polizia: studenti presi a calci, immobilizzati a terra e gettati giù per le scale, 300 gli arresti. Osservatori e giornalisti non hanno potuto entrare nella Hind’s Hall

Violento sgombero alla Columbia University. Oltre 120 università nel mondo occupate per Gaza*

Martedì notte la polizia in tenuta antisommossa ha fatto irruzione nei campus della Columbia University e del City College of New York, arrestando oltre 300 studenti per smantellare gli accampamenti di solidarietà con Gaza.

Gli agenti sono entrati da una finestra della Hamilton Hall, ribattezzata Hind’s Hall in onore di Hind Rajab, una bambina palestinese di 6 anni uccisa dall’esercito israeliano a Gaza, usando una scala fissata a un veicolo della polizia.

 in via di traduzione

Encampments and Demonstrations Against Israel’s U.S.-Backed Genocide in Gaza Spread to 100 Campuses Across U.S.

Tent city at Columbia University in support of Palestine, as arrests begin on Thursday, April 18.             

This past week, a wave of protest encampments and demonstrations has rapidly spread across the U.S. The encampment set up by Columbia University students on April 17 in the middle of campus, the University’s attack on it the next day with arrests of over 100 students, and the students’ response—setting up a new encampment—was a big inspiration and spark. 

By week’s end, students from Portland State, Oregon, in the northwest… to the University of Southern Maine in Portland, Maine, in the northeast… from the University of Florida, Gainesville, in the southeast… to the University of Arizona in Tucson in the southwest set up encampments or held demonstrations against Israel’s genocide in Gaza and in solidarity with Columbia students. 

These encampments in solidarity with the people of Gaza were often set up in the face of threats or quickly subject to violent assaults by police or campus authorities, desperate to maintain “order” and stop the contagion from spreading further, including to surrounding communities. Instead, the encampments have spread to campuses across the U.S., and to campuses in Australia, France and more.

Encampments and Protests Rapidly Spread Nationwide

Several hundred students and pro-Palestinian supporters rally at Yale University in New Haven, Connecticut, April 22, 2024

At Yale University in New Haven, Connecticut, police arrested 60 people on Monday, April 22, including 47 Yale students, after they refused to leave an encampment on campus demanding the university divest from weapons manufacturers. Defying the pigs, students locked arms. Protests have continued on the campus.

New York: Students at NYU have been protesting genocide in Palestine.  April 22, 2024, the NYPD moved in to take down tents, push students out, and arrest dozens.    Photo: AP

New York University, Monday night:After students occupied a campus plaza, the NYPD violently attacked and arrested dozens, including some 20 faculty members who tried to shield the students from the cops. Students have continued to protest on or near the campus.

Pro-Palestinian occupation University of Southern California, April 24, 2024, gets attacked by University Public Safety officers.    Photo: AP

University of Southern California (USC), Los Angeles: Anger was running high after USC canceled the commencement speech by pro-Palestinian valedictorian Asna Tabassum. Students began an “occupation” of Alumni Park on the campus in support of the Palestinian people which called for an end to university investments in Israel. On Wednesday, April 24, the LAPD came in with batons and violently arrested 93 people who had refused to leave the park. Another 200 protesters moved to the edges of the park, chanting, “Disclose, divest, we will not stop, we will not rest.” This week USC canceled its main commencement ceremony and the occupation has continued, despite ongoing threats of repression by the campus administration and the police.

Pro-Palestinian students and supporters march at the University of Texas, Austin, April 24, 2024. University of Texas at Austin, April 24: Hundreds of students walked out of class to protest the genocide in Gaza and were violently attacked by local and state police—including some on horseback. Fifty-seven protesters were arrested. Fascist Gov. Greg Abbott threateningly declared, “These protesters belong in jail. Students joining in hate-filled, antisemitic protests at any public college or university in Texas should be expelled.” Despite this repression, protests have continued on campus.1

Georgia State Patrol cuff a protester at a pro-Palestinian protest at Emory University, April 25, 2024.    Emory University in Atlanta: At least 28 people were arrested on Thursday, April 25 in one of the most violent police crackdowns against protesters. Local and state police swept onto the campus just hours after students had set up tents on the quad in protest against Israel’s war on Gaza as well as the planned police training center known as Cop City. Police used tear gas and stun guns to break up the encampment as they wrestled people to the ground.2

By week’s end, at least 40 encampments had been set up or protests had taken place at some 100 different campuses across the country. More than 700 students and faculty had been arrested at 19 different campuses.3 Yet protests and battles with the police are still spreading. As we go to press, encampments are being forcibly dispersed and more than 200 students and others arrested at Washington University in St. Louis, Northeastern, Arizona State, and Indiana Universities.4 (See also Palestine Is Everywhere, An interactive map of Gaza Solidarity Encampments around the world.) 

Encampments—Disrupting Campus Business-as-Usual 

The encampment students have set up present an ongoing, visible, 24/7 protest, a pole of opposition disrupting campus business-as-usual. They’re a focal point where students and others—including from off campus if the university isn’t locked down—can come to take part, learn more and discuss the issues of the day. 

A Spirit of Solidarity and Putting the People in Gaza First

In addition to the broad demand for a ceasefire and end to Israel’s genocidal assault on Gaza, these protests are demanding the universities sever any financial or academic ties to Israel, disclose their financial connections, and drop charges or disciplinary actions against the students. 

There’s also a broader spirit at work—of caring about the world and people other than yourself and a willingness to put yourself on the line for them. 

One UCLA student said students aren’t backing down in the face of repression:

I don’t think that our concerns about our personal safety are at the forefront of our minds right now. I think at the forefront of our minds is the violence that Palestinians are suffering at the hands of the Israeli state every day these last six months and last, again, almost 80 years.5

A USC student echoed this sentiment: 

What we’re putting on the line is so minimal in risk, compared to what Gazans are going through…This is the least we can be doing, as youth in a privileged situation, to take ownership of the situation.6 

One Barnard student put her motivation this way:

I cannot and could not stand to be complicit in our university’s ongoing support for Israel’s genocidal campaign. There are no universities left in Gaza, so we chose to reclaim our university for the people of Palestine.7 

Major Escalation of Threats of Repression from Highest Levels of the Ruling Class

Pro-Palestinian protesters at the University of Texas are confronted by police, April 24, 2024

Early in the week, as students defied college administrators and local authorities and campus encampments and protests rippled across the country, the ruling powers seriously escalated their threats against protesters. This brutal repression was fronted by the big lie that the protests were anti-Semitic and “creating an unsafe atmosphere for Jewish students” (despite the fact that many of the student protesters are themselves Jewish!) 

On April 22, President Biden slandered and threatened the students, declaring, “I condemn the antisemitic protests.” The day before Senate Majority Leader Chuck Schumer (D-N.Y.) also denounced and smeared these righteous protests against Israel’s Gaza genocide: “Every American has a right to protest, but when protests shift to antisemitism, verbal abuse, intimidation, or glorification of Oct. 7 violence against Jewish people, that crosses the line. Campuses must remain safe for all students.”8 

On Wednesday, Speaker of the House Mike Johnson and a gaggle of Republi-fascists officials held a press conference on Low Steps in the heart of the Columbia campus. Johnsondenouncedwhat he called “the troubling rise of virulent antisemitism on America’s college campuses,” and warned “lawless agitators and radicals” were “taking over.” Students from the protest encampment across the plaza loudly booed him when he’d finished.9 

Trump called for more police to be deployed at Columbia,10 and fascist Republican Senators Tom Cotton, Josh Hawley and dozens of their colleagues demanded the National Guard be called in to crush the protests: “The nascent pogroms at Columbia have to stop TODAY, before our Jewish brethren sit for Passover Seder tonight. If Eric Adams won’t send the NYPD and Kathy Hochul won’t send the National Guard, Joe Biden has a duty to take charge and break up these mobs.”11 

Christian Fascists Mass at Columbia’s GatesCountered by Pro-Palestinian Christians

The call below was taken up on by hundreds of Christian fascists on April 25 who massed at Columbia University’s gates in a “United for Israel” march, threatening and insulting students inside. “We stand against the rising antisemitic spirit on college campuses across America,” said Christian musician and fascist provocateur Sean Feucht. “We said it started here, it’s going to end here.”12 

A group of Christians who support the Palestinian people—Friends of Sabeel North Americacourageously counter-protested the fascists, carrying signs such as “Not In Jesus’ Name!” and “It Should Be Easy As A Christian To Oppose Genocide.” It’s “imperative that Christians who stand against genocide show up to protect the students at Columbia University’s encampments and represent what Jesus would truly want us to embody,” they stated.13

Confrontation Between Students and Zionists at UCLA

UCLA protest for Palestine faces off with Zionists, April 25, 2024

On Sunday, hundreds of Zionist thugs amassed at UCLA. They tried to bully and attack the student encampment but people from all over LA gathered to defend the encampment, linking arms and blocking access.

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i politicanti non sono persone “normali”

Proprio come accade agli orologi fermi, che due volte al giorno segnano l’ora esatta, per una volta i “colleghi” del quotidiano reazionario sedicente liberale l’Opinione delle Libertà hanno azzeccato una presa di posizione: quella che concerne la vicenda che coinvolge Piero Franco Rodolfo Fassino nel presunto furto di un profumo al duty free dell’aeroporto “Leonardo da Vinci” di Roma Fiumicino.

A prendersi la responsabilità di difendere la reputazione dell’esponente del Partito Democratico è tale Dimitri Buffa che, in maniera molto retorica, chiede – sull’edizione di martedì trenta aprile – ai lettori se appare loro «normale che una persona fa una grandiosa c…ta, come sembra che sia avvenuto in questo episodio di tentato taccheggio da parte dell’ex ministro e storico esponente del Partito democratico Piero Fassino, vi sembra giusto che debba esservi impiccato per il resto dei suoi giorni e linciato mediaticamente per settimane, se non per mesi».

All’assai poco “signor” Buffa è facile rispondere che ha ragione a sostenere che se una persona comune finisce coinvolta in una vicenda del genere non può restarvene invischiata troppo a lungo, ed è proprio questo il problema; i politicanti non sono persone comuni, ma “signori” che chiedono agli italiani di accordare loro fiducia per continuare a sedere tra i banchi delle istituzioni: come si può pretendere di continuare a svolgere questo mestiere se ci si è macchiati di reati, magari anche gravi?

Tra i compiti degli operatori dell’informazione sussiste quello di tenere alta l’attenzione sulle “marachelle” combinate da personaggi famosi; questi sono costantemente alla ricerca di quella visibilità che consenta loro di continuare a percepire il loro lauto appannaggio – che si differenzia dallo stipendio perché viene stabilito da chi ne deve godere i frutti – pur non essendone degni.

Se si cede alla tentazione di tralasciare le vicende giudiziarie di qualche esponente di formazione politica – magari soltanto perché fa parte, o lo ha fatto, della stessa cricca di chi discetta – il piano diventa inclinato e si abbandona quello che dovrebbe essere un caposaldo della deontologia professionale di chi si pretende giornalista, ma spesso è soltanto un agit/prop.

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controinformazione rossoperaia. la solidarietà alla resistenza palestinese; la guerra imperialista (da proletari comunisti)

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voci del 1° maggio di lavoratori e lavoratrici di palermo (da proletari comunisti)

Messaggio da una lavoratrice di Palermo

Buon 1 Maggio a noi lavoratori e lavoratrici 

A chi difende il proprio posto di lavoro con coraggio e tenacia, a chi lo cerca ,a chi lo ha perso ingiustamente, a chi non è stato difeso, nel cuore chi è morto per il lavoro sfruttato senza ritegno dai padroni, a tutti i lavoratori del mondo 

A noi lavoratori e lavoratrici persone straordinarie nella “normalità ” quotidiana chiamati a lottare per una società senza più sfruttamento e oppressione da parte di un pugno di padroni .

Messaggio di un precario Slai Cobas sc

Cari lavoratori buon primo maggio a tutti i lavoratori e lavoratrici e un pensiero a tutti i lavoratori che hanno perso il lavoro ingiustamente, a chi è oppresso dal padrone con turni massacranti e senza nessun diritto , a chi lavora in condizioni economiche sottopagate, a chi è morto sul lavoro e alle Donne lavoratrici che spesso vengono prese di mira sul posto di lavoro anche con atti sessisti disgustevoli. Che sia un primo maggio di riflessione con lo spirito della lotta per tutti noi in cui ci si renda conto che bisogna denunciare tutti i padroni che credono di poter schiavizzare il lavoratore con turni massacranti e paghe da fame, oggi dobbiamo difendere diritti basilari conquistai dai nostri padri operai con la lotta dura contro padroni e governi. 

Facile fare oggi becera propaganda in tv dove per i padroni si stanziano bonus e sgravi per assumere manovalanza ma a che prezzo ? A quali condizioni? 

E mentre il reddito di cittadinanza è stato eliminato da questo governo Meloni i giovani sono costretti a lavori anche a 300/400 euro al mese per 12/13 ore al giorno e se non li accettano sarebbero per questo governo arrogante “scansafatiche”, oggi questo governo dà sempre più manforte ai padroni che si lamentano e pretendono sempre di più di sfruttare i lavoratori

Il primo maggio ci chiama a impugnare la lotta fatta da tanti operai e lavoratori in questo paese e nel mondo e ad organizzarci per resistere ma anche per lottare

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nadia moscufo al 1° maggio: «la sinistra deve essere portatrice di vittoria e di speranza» (da partito del lavoro del belgio)

Lors du 1er Mai à Liège, la députée fédérale du PTB Nadia Moscufo a précisé l’enjeu des élections. Deux projets s’affrontent en effet : celui de la continuité libérale ou celui de la rupture sociale portée par le PTB. Voici son discours complet. 

Jeudi 2 mai 2024

Nadia Moscufo au 1er Mai à Liège.
Nadia Moscufo – Député du PTB

Victoire contre le décret Paysage 

Aujourd’hui, c’est avec une bonne nouvelle que je vais démarrer. J’ai reçu un message de Sylvie, une amie qui a un enfant à l’université: «Merci au PTB pour le décret Paysage. Avec toute ma famille, on s’en souviendra au moment des votes. En tout cas pour nous, vous avez encore marqué un point. Merci».

Elle parle, et j’en suis émue, de la victoire des étudiants et des étudiantes du supérieur qui ont lutté et rejeté la réforme du décret paysage. Cette réforme aurait exclu des milliers d’enfants de la classe travailleuse de l’enseignement supérieur. Principalement des étudiants et étudiantes qui doivent bosser pour payer leurs études. Aujourd’hui, 60% de la classe travailleuse n’a pas de diplôme supérieur mais ce n’est pas une fatalité. Nous avons l’enseignement le plus inégalitaire d’Europe.

Et je suis très fière de cette jeunesse qui a lutté contre cette vision élitiste de l’enseignement chère aux libéraux. Pour eux, on résout les problèmes de l’enseignement par l’exclusion et la compétition – bah oui, ce n’est pas de leurs enfants dont on parle… 

Pour nous, on résout les problèmes de l’enseignement avec plus d’encadrement et en baissant le coût des études. Refinancer l’enseignement est une urgence sociale pour qu’il soit plus démocratique et accessible à toutes et tous. 

Ce sont donc deux visions totalement opposées qui se sont affrontées ces dernières semaines, avec une belle victoire à la clé. 

Cette victoire fait du bien et elle est même bien plus profonde de ce qu’elle paraît: elle laisse entrevoir les grands enjeux qui se poseront devant nous le 9 juin prochain.

Affrontement entre deux projets

Le 9 juin, deux projets vont s’affronter: celui de la continuité libérale et celui de la rupture sociale portée par le PTB. 

Le projet libéral, on le connaît, c’est celui qui nous fait mal: austérité, pension à 67 ans, blocage des salaires… Les cadeaux pour les millionnaires et des taxes pour la classe travailleuse. C’est le projet d’une société élitiste, du «marche ou crève». C’est un projet anti-social et anti-démocratique. Ce projet, c’est celui de Georges-Louis Bouchez, du MR ou sa version repeinte dans une autre couleur – celle des Engagés – mais qui n’est pas très différente. Ce projet libéral, malheureusement, contamine aujourd’hui encore trop souvent PS et Ecolo.

Face à la locomotive libérale, nous sommes la locomotive sociale

Face à ce projet de droite, il y a le projet de rupture sociale du PTB. Le projet de celles et ceux qui osent défier le pouvoir de l’argent et les privilèges des politiciens. Notre projet, c’est la Taxe des millionnaires, la TVA à 0% sur le caddie au supermarché, la fin du blocage salarial et le retour de la pension à 65 ans. Notre projet, c’est un vrai service public de gestion des déchets sans taxes et sac poubelle payant. Notre projet, ce sont des transports publics de qualité, gratuits et avec une meilleure offre. Notre projet, c’est la division par deux des salaires des politiciens.

La gauche n’est pas condamnée à être contaminée par ce projet libéral, elle n’est pas condamnée à renoncer et à trahir. 

La gauche doit être porteuse de victoires, d’avancées sociales et d’espoir, à condition de rompre avec le cadre libéral et de s’appuyer sur un mouvement social solide qui se développe pour obtenir des victoires.

C’est ce chemin que nous voulons poursuivre. 

C’est maintenant au PS et à Ecolo de ne pas se tromper de train, de sortir du train de la continuité libérale, des renoncements et de prendre le train de la rupture avec des points clairs qui ne seront pas juste des attrapes-voix mais qui resteront des points de combat après le 9 juin.

Nadia Moscufo avec Julien Liradelfo au 1er Mai de Liège.

Plus nous serons forts, plus nous pourrons forcer cette gauche de renoncement à rejoindre le train de la rupture sociale.

Plus nous serons forts, plus nous pourrons renforcer la mobilisation sociale et jouer notre rôle de locomotive politique.

Taxe des millionnaires

Je ne sais pas si vous avez remarqué mais dans cette campagne, il y a un thème qui s’impose dans le débat, partout dans le pays: la Taxe des millionnaires. 

Personne ne voulait en parler. Aujourd’hui, tout le monde doit en parler et se positionner. En Wallonie et à Bruxelles mais aussi en Flandres. La presse doit reconnaître que le PTB donne le ton sur la taxation des millionnaires. 

Nous arrivons aussi à démasquer l’extrême droite qui est contre l’impôt sur la fortune. Pour l’extrême droite, il faut convaincre les gens de toujours taper sur ceux d’en bas, jamais sur ceux d’en haut. 

Notre Taxe des millionnaires, ce n’est pas un gadget ou juste un slogan pour le PTB. Cette taxe est une nécessité. Ce n’est pas une mesure symbolique. Nous ne voulons pas aller chercher quelques dizaines de millions. Nous voulons aller chercher 8 à 10 milliards d’euros. Il y a urgence sociale et nous avons besoin de ces milliards pour investir dans nos pensions, nos soins de santé et l’enseignement.

Nous ciblons le 1% les plus riches. Pas l’agriculteur ni le petit indépendant qui ont tiré leur richesse de leur travail. 

Le 1% que nous visons sont ceux qui échappent aux impôts. Ceux que la Vivaldi a protégé. Ceux qui ne tirent pas leur fortune de leur travail, comme on l’entend parfois. C’est impossible, on peut faire le calcul: il nous faudrait 30 000 ans pour devenir milliardaire en mettant 2 500 euros de côté tous les mois. 

Nous voulons les taxer de 2% sur les fortunes de plus de 5 millions d’euros et de 3% sur les fortunes de plus de 10 millions. Cette taxe est ambitieuse et réaliste.

Manifestation du 1er Mai.

Comme parti, nous pouvons être fiers d’avoir mis ce thème sur la table du débat électoral. Nous avons mis le doigt sur qui sont les vrais assistés de ce pays.

Certains partis prétendent faire mieux que nous. Ce n’est évidemment pas vrai mais ce n’est pas l’essentiel. Tant mieux si certains partis cherchent à faire mieux que nous pour taxer les millionnaires et être plus ambitieux. Cela me rend heureuse. L’important est de savoir s’ils auront encore cette ambition au lendemain des élections.

Nous sommes le parti de la pratique, de l’expérience et cela doit nous instruire. Pendant cette législature, au Parlement, nous avons mis à 11 reprises notre proposition de Taxe des millionnaires sur la table. Pas une fois mais 11 fois. Le MR ne l’a pas soutenue. On n’était pas étonné de la part du MR, c’est le Mouvement des Riches et il défend ses amis. Les Engagés ne l’ont pas soutenue. Normal pour un parti qui met autant de patrons sur ses listes. 

Mais ce qui est plus étonnant, c’est l’attitude du PS et d’Ecolo. Ils soutiennent la taxe des millionnaires en campagne. Mais, dans la pratique, ils font l’inverse. Ils ont voté contre cette mesure. Pas une fois, non. Pas deux fois non plus. Pas trois fois. Pas quatre fois. Mais bien onze fois. Ils ont voté 11 fois contre la Taxe des millionnaires. 

Cela ne me décourage même pas. Vous savez pourquoi? On ne va rien lâcher. Nous allons continuer à mettre la pression et pour cela, on a besoin de vous, de votre mobilisation. Nous avons besoin de vous pour sortir encore plus fort le 9 juin. Et mettre la pression après le 9 juin. 

Nos salaires doivent pouvoir augmenter

Comme députée, avec mes autres camarades du Parlement fédéral, ce n’est parfois pas facile de rester calme quand on les a tous en face de nous en train de nous dire et redire qu’ils ont sauvé notre pouvoir d’achat. 

Ce n’est pas vous que je dois convaincre que tout est devenu plus cher, que tout augmente sauf nos salaires. Quand on fait nos courses, on se dit chaque fois: «Je n’ai presque rien dans mon caddie et j’en ai eu pour 70 euros». Ce n’est pas normal qu’une personne qui travaille à temps plein n’arrive pas à s’en sortir aujourd’hui avec son salaire. 

Soyons clairs: les salaires des travailleurs et travailleuses de ce pays doivent pouvoir augmenter partout où c’est possible. C’est un point de lutte essentiel pour nous. Cela fait 10 ans qu’ils nous bloquent nos salaires, d’abord par le gouvernement Michel et ensuite par le gouvernement Vivaldi.

Des multinationales font des milliards de bénéfices et les travailleurs ne peuvent plus avoir la moindre augmentation. Ce n’est pas normal. 

Il y a de l’argent dans ce pays. Il y a des grandes entreprises et certains secteurs qui se font d’immenses bénéfices. On doit pouvoir aller arracher des augmentations.

Laura Leon Fanjul au 1er Mai à Liège.

Ces dernières années, il y a d’ailleurs eu un mouvement social pour défendre les salaires. Plus de deux ans de luttes avec des grèves, des pétitions, des actions, des manifestations. Et qu’a-t-on vu? Au lieu de s’appuyer sur ce rapport de force pour sortir du blocage salarial, le ministre socialiste de l’Emploi, Pierre-Yves Dermagne, a signé deux fois des Arrêtés Royaux de blocage salarial. Et il le justifie et l’assume «par loyauté envers les libéraux». Je dis donc à M. Dermagne: «La loyauté est un principe très important, effectivement. Aussi en politique, nous sommes d’accord. Mais la question est: loyal par rapport à qui? Et dans l’intérêt de quelle classe sociale?»

Le 9 juin, nous avons la possibilité d’envoyer un message clair: nous refusons ce genre de renoncement. Nous refusons ce genre de trahison. La gauche au gouvernement avait dit en 2019 que la réforme de la loi de blocage salarial était pour elle une ligne rouge. Apparemment, ça ne l’était pas. Pour nos salaires, pour renforcer le rapport de force contre la loi de blocage salarial, il faudra un PTB fort.

Non au retour de l’austérité 

Monsieur Di Rupo disait récemment: «Comme candidat à l’Europe, je suis atterré par le vote qui vient d’intervenir au Parlement européen. L’austérité imposée par l’UE nous conduit à un désastre! Nous n’aurons plus les moyens pour assurer la transformation économique, sociale et verte. C’est dramatique pour les citoyens et pour la planète!»

J’ai envie de lui dire que la classe travailleuse du pays et d’Europe mérite mieux que cela. La classe travailleuse n’a pas besoin de représentants qui prônent le fatalisme et le découragement. Quand le monde du travail a obtenu la journée de 8h, les congés payés et quand elle a sorti les enfants des mines, elle l’a obtenu par la lutte, en rupture avec le discours défaitiste comme celui que vous avez aujourd’hui. 

La classe travailleuse n’a pas besoin d’une gauche atterrée, elle n’a pas besoin d’une gauche qui annonce des désastres. Elle a besoin d’une gauche de combat, une gauche qui ne plie pas face à la droite. Une gauche qui n’annonce pas déjà ses propres renoncements. Ce qui est dramatique pour les citoyens et la planète, ce n’est pas que l’Europe du capital veuille imposer l’austérité. Ce qui est dramatique pour les citoyens et la planète, M. Di Rupo, c’est quand la gauche abandonne le combat. 

Nous n’allons pas abandonner le combat: nous refusons ces règles d’austérité.

Et madame Wilmès (MR)? Elle explique que le programme du PTB est, je cite, «totalement irresponsable, leurs recettes magiques ne fonctionnent nulle part». Ah bon? Parce que les recettes libérales fonctionnent? J’invite Mme Wilmès à retourner voir les infirmières et infirmiers qui lui ont tourné le dos pendant le Covid et qui souffrent encore aujourd’hui des conséquences sur le terrain du désinvestissement dans le secteur des soins. Elle peut aussi voir les autres travailleurs, ceux de la construction, de la logistique, du commerce ou encore les aides-ménagères. Celles et ceux qui doivent prendre chaque jour des anti-inflammatoires et toutes sortes de pommades avant d’aller travailler parce que le MR et son gouvernement ont relevé l’âge de la pension. 

Le programme du PTB est au contraire le plus responsable du pays, il a comme point de départ le respect pour la classe travailleuse, celle qui fait tourner notre société. C’est le programme libéral, fait d’austérité, de taxes et de privatisations qui est totalement irresponsable. 

Aidons le peuple palestinien

Je ne peux pas terminer ce discours sans parler de ce qui se passe en Palestine. Nous assistons à un génocide en direct. L’armée israélienne massacre civils, femmes et enfants, elles rase les hôpitaux, les écoles et toutes les installations civiles. Elle veut détruire le peuple palestinien. 

Et que font la Belgique et l’Europe? Ont-ils pris des premières sanctions contre Israël? Ont-ils imposé un embargo sur les armes? Non. 

Contre la Russie, les premières sanctions ont été immédiates. On est aujourd’hui au quatorzième paquet de sanctions. Des sanctions sont déjà prises contre l’Iran. 
Mais contre Israël? Pas une seule. Ce deux poids, deux mesures n’est plus tenable. C’est inacceptable et cela doit s’arrêter. Le peuple palestinien n’a pas besoin de larmes de crocodile. Il faut des actes concrets pour l’aider: des sanctions, un embargo total sur l’exportation d’armes vers Israël et l’arrêt des collaborations économiques. Et nous ne sommes pas les seuls à le dire. En Europe et partout dans le monde, il y a des manifestations et des mobilisations. Je vous appelle d’ailleurs à participer massivement à la manifestation nationale de solidarité avec le peuple palestinien qui se tiendra le 19 mai prochaine à Bruxelles. 

Je vous souhaite encore un bon 1er Mai. Et je vous appelle une dernière fois à renforcer la locomotive de la rupture sociale. Nous avons encore 39 jours avant les élections du 9 juin. 39 jours pour convaincre toutes vos connaissances, vos amis et amies, toute votre famille, vos voisins de faire le choix de la rupture. Ensemble, imposons le changement.

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