provoca e poi si lamenta se lo invitano ad andarsene

La maggioranza dei quotidiani borghesi di sabato ventidue giugno si occupano della vicenda che ha coinvolto il massmediologo Sergio Klaus Mariotti – meglio conosciuto con il suo alias Klaus Davi – mentre effettuava intervista davanti alla moschea di viale Edoardo Jenner a Milano.

Neanche a dirlo a dare amplissimo spazio alla notizia è la cloaca massima dello pseudo giornalismo italiano d’accatto, il Giornale, che costruisce un lunghissimo articolo – firmato da tale Francesco Garau – all’interno del quale il protagonista viene fatto passare per un giornalista neutrale intento a svolgere il proprio lavoro, e solo per questo fatto oggetto di attenzioni non richieste.

Prima di continuare, appare utile precisare chi sia questo assai poco “signor” Mariotti: invitiamo i lettori a cliccare qui per conoscere le note biografiche contenute nell’enciclopedia internettiana Wikipedia; noi ci limitiamo a sottolineare il paragrafo sull’impegno dello stesso per le comunità ebraiche.

Il sondaggista pubblicitario in questione lamenta di essere stato preso a male parole.- e di aver subito aggressioni fisiche – soltanto perché, sono parole sue, stava «facendo sul viale delle domande sul 7 ottobre, sulla guerra in Medio Oriente, sugli ostaggi, quando i due uomini mi hanno minacciato e spintonato e sputato».

Chiunque lo conosca – noi non abbiamo questa sfortuna, ma pare che sia assai noto – è sicuramente a conoscenza del suo impegno a favore dell’entità sionista: su queste basi possiamo affermare, senza tema di smentite, che la sua può essere catalogata come una pura e semplice provocazione.

Lo rivela anche la seguente frase del Mariotti, che in qualche modo cerca di giustificarsi: «la mia intenzione era semplicemente indagare sul punto di vista del frequentatori del centro relativamente alla strage del 7 ottobre, e poi eravamo sul Viale, uno spazio pubblico, non all’interno del centro».

A parte il fatto che, se avesse chiesto di poter effettuare domande simili all’interno del luogo di culto, sarebbe stato sicuramente cacciato in malo modo, vorremmo chiedergli cosa pensava di ottenere ponendo questioni come quelle da lui dichiarate ad un passo dallo stesso.

A noi non verrebbe mai in mente l’idea di organizzare una cosa del genere davanti ad un circolo di Fratelli d’Italia domandando a chi lo frequenta cosa pensa del ventennio mussoliniano: in caso contrario non potremmo lamentarci se venissimo allontanati anche con maniere spicce; e noi, a differenza sua, non siamo così conosciuti.

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